Tre racconti per… – Che dire di me di Anna Rossetto

© Editor Gloria Macaluso

Per l’Iniziativa “Tre racconti per” ho voluto selezionare qualcosa che non fosse esattamente classificabile nel genere dei racconti. Un’invocazione femminile alla forza delle donne, alla loro estrema solitudine. Per non dimenticare mai la lotta che le grandi donne prima di noi hanno dovuto affrontare e che abbiamo il dovere di portare avanti.


 

CHE DIRE DI ME

Che dire di me che qualcuno non abbia già scritto, che nessuno abbia già poetato, che uomo semplice o dotto oratore non abbiano già declamato?

Non sono viva: in molti affermano che il creatore, chiunque egli sia, abbia donato un’anima d’ufficio unicamente a chi possiede il cuore che pulsa, il sangue che scorre, un cervello che pensa, delle membra semoventi. Anzi, sembra che solo il genere umano sia beneficiario di questo privilegio inestimabile. Ma non è vero. Con buona pace di antichi e moderni filosofi.

Sono un’ immensa distesa di sabbia, carezzata in eterno dalle instancabili e languide mani del mio sposo: il mare.

Se solo avessimo un corpo, potremmo essere due attempati coniugi, caparbi e fedeli nel loro unirsi in matrimonio ogni giorno, millennio dopo millennio. Non abbiamo cuore, non abbiamo membra, forse non abbiamo anima, ma sfido uno, uno solo degli esseri viventi ad ammirarci, insieme, abbracciati nel rosso tramonto, nella furia della tempesta, nel timido chiarore dell’alba. In questi precisi istanti, i nostri inesistenti pensieri e le nostre ineloquenti parole invadono prepotentemente l’anima di colui che ci ammira e ci teme.

No, non siamo vivi, ma palpitiamo ugualmente, suscitando ammirazione, nostalgia, felicità, tristezza, paura, stupore, terrore. Né più, né meno di quanto qualsiasi essere vivente possa risvegliare in un altro suo simile.

Che dire di me, che non abbiano già detto i pescatori, i volti solcati dal sole, i capelli bruciati dalla salsedine, le mani violate dalle ruvide reti. Vederli rientrare, a volte entusiasti per la pesca e il vino abbondanti; a volte crucciati, le ceste vuote, logori di bestemmie e fatica. Raccogliere le loro storie, carpirle, quasi rubarle in qualche parola di troppo o fin troppo nascosta tra le labbra secche. Storie di donne che aspettano, storie di padri che a casa non sono mai, storie di figli che fuggono, storie di soldi dalla facile latitanza.

I pescatori parlano, spesso da soli, perché nessuno capisce cosa si prova, quando la notte e il primo mattino si contendono il cielo, là, in mezzo al mare, gettando assieme alle reti la propria vita, guardandola inabissarsi lentamente in un desiderato e agognato oblio. Poi, temendo che quello straccio di esistenza possa veramente annegare per sempre, con caparbia volontà e un pizzico di rabbia, issarla di nuovo a bordo per raccontarle la bugia di un domani migliore.

Io sono là. Ad ascoltarli, a farli tornare a casa con passi sfiniti, giorno dopo giorno, anche se alcuni, purtroppo, non li ho visti tornare mai più.

Cosa dire di me, che non abbiano già urlato i bambini d’estate. Cuccioli che cullo amorevolmente sul mio immenso e tiepido ventre. Io, madre di tante storie d’amore, romantica spettatrice di passeggiate al chiaro di luna, complice di baci, carezze e promesse per l’eternità. Li vedo, li sento correre, le gambe tozze e inesperte, i piccoli piedi saltellanti sulla rena che scotta di sole, i capelli disegnati sulla fronte e la bocca aperta a cercare aria quando il mare si diverte ad accarezzarli, d’improvviso, con inconsueta e inaspettata foga. I miei doni per loro sono conchiglie multicolori, che raccolgono con cura e ripongono nei secchielli, colorati forzieri di improbabili pirati.

Cosa dire di me, nei lunghi giorni d’inverno, che non abbia già detto una vecchia canzone. Desolata e abbandonata, quasi schiva, mal sopporto le visite, quando il vento gelido frusta i volti semicoperti dalle sciarpe di coloro che, nonostante la mia scontrosità, non disdegnano una passeggiata sul bagnasciuga. Malinconica, lascio che Eolo disegni con dita impalpabili la mia tristezza, mentre le fredde mani del mio sposo continuano ad adularmi senza risultato.

Passerà. Come passa un brutto periodo, una malattia, un episodio triste.

Cosa dire di me, che non abbiano già pianto le madri e i padri ai quali il mare ha strappato i figli. Io ho tentato, ho cercato di soccorrerli, di far sentire sotto i loro piedi la sicurezza di poterli appoggiare, ma il mio sposo è imprevedibile, insidioso, spesso crudele. È orgoglioso della sua grandezza, estremamente fiero della propria immensità. Non vuol essere sfidato, detesta essere deriso, desidera ci si presenti a lui con la deferenza ed il rispetto con i quali ci si pone al cospetto di un re. Perché lui lo è. La sua corona la luna, i suoi capelli le alghe di mille fogge e colori, suoi consiglieri i grandi cetacei, i giullari giocosi delfini, i suoi soldati gli squali, le vedette i gabbiani, i suoi sudditi tutte le specie di pesci esistenti. Il suo sorriso l’alba, lo sbadiglio il tramonto, la sua rabbia le furiose tempeste, il sonno le bonacce, i suoi sbalzi d’umore le maree, le sue parole lo sciabordio delle onde.

Questo il mio re.

Ed io, sua sposa, rimango a contemplare la sua inarrivabile maestosità, della quale un po’, solo un po’, faccio parte.

Che dire di me, che non direbbe una donna di sé stessa. Cosa dire di me, che non direbbe una donna, raccontando la propria pazienza e lungimiranza, negli anni, nei secoli che furono.

Sono una spiaggia, nome femminile. Ascolto.

Odo i bimbi giocare, le chiacchiere, le confidenze, le risate, i diverbi. Cullo con amore chi si addormenta sul mio ventre. Sono una donna. Nessuno mi regala dei fiori. Ma oggi un gabbiano ha perduto una piuma. Mi accontento di questo omaggio insperato e gradito, che si posa con delicatezza e leggiadria sul bagnasciuga. Presto, solo questione di ore, il mio sposo lo ruberà, geloso e adirato da tanta sfrontatezza. Questo il mio destino, il mio posto nel mondo.

Non ho anima, non ho cuore, non ho membra.

Perché fino al 1945 non eravamo sufficientemente vive nemmeno per poter votare.

FINE

***

Ecco dove potete trovare Anna

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Ricordo a tutti che l’autore più gradito potrà pubblicare un’intervista, perciò se vi è piaciuto il racconto condividetelo, commentatelo e lasciate un “mi piace”!

“Tre racconti per…” è una rubrica bi – mensile. Continuate a lavorare sui vostri progetti e vi terrò informati non appena apriranno le selezioni ottobre!

A presto,

Gloria

17 risposte a “Tre racconti per… – Che dire di me di Anna Rossetto”

  1. Letto più volte questo racconto, emozioni e sentimenti descritti in una tale forma che riesci a percepirli e perfino a provarli dentro nell’animo. Complimenti Anna

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  2. Bellissimo racconto che coinvolge sempre di più man mano che leggi, tanto da percepire in ogni singola parola la vita vissuta da ognuna di noi. Molto bello ed emozionante, complimenti Anna.

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  3. Ringrazio tutti /e coloro che hanno qualche minuto del loro tempo alla lettura del mio racconto.Grazie per i complimenti, sono contenta che la mia scrittura sia arrivata oltre gli occhi, oltre la mente, un po’ più giù, al cuore.
    Veramente, grazie a tutti.

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